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Vita MEG

Ma chi me lo fa fare?

Le testimonianze di quattro partecipanti provano a rispondere alla domanda guida del Convegno PreT e Responsabili che si è concluso da poco a Roma e, con le loro parole, ci spronano a riflettere sul senso più profondo del nostro metterci a sevizio nel MEG e nella vita.

Non accontentarti… cambia la vita!

Mille pensieri e preoccupazioni sovraffollavano la mia testa prima di partire per il Convegno, senza lasciare spazio neanche a qualche desiderio o aspettativa. Le resistenze però, come al solito, avevano trovato facilmente il posto per insinuarsi e tra queste la più forte era: “Ho troppe cose da fare, ho sbagliato nel prendermi questi quattro giorni liberi, me ne pentirò”.

Fortunatamente il Signore è bravo a trasformare le mie paure in gratitudine. Infatti, oggi che sono tornata a casa, vedo quei quattro giorni come il tempo più fruttifero degli ultimi mesi. Il Signore mi ha parlato attraverso le parole dei relatori, di Don Mattia (cappellano di Mediterranea Saving Humans) e Vincenzo Linarello, presidente dell’associazione Goel. Mi ha detto a gran voce di non accontentarmi più di vivere come un piccolo criceto in gabbia che corre su una ruota, che posso fare di più per me stessa e che in tanti hanno bisogno di aiuto, del mio aiuto.

Prima poteva sembrarmi assurdo ma ora ci credo: posso rompere gli schemi della mia vita monotona e rischiare, dando la vita per gli altri. Il mio impegno può davvero cambiare le cose nella mia Comunità, nella mia città e addirittura nel mondo. Sì, anche io, giovane e inesperta, cresciuta in una piccola cittadina in una famiglia come tante, voglio e posso fare qualcosa per il mondo.

Camilla Orrù, Cagliari 10

Camilla, la seconda da sinistra

Nel Tuo fuoco io ritrovo la mia direzione

Prima di arrivare al Convegno mi ripetevo più volte che questo sarebbe stato il periodo della svolta e che la mia vita in un qualche modo doveva subire un cambio di rotta.

Da sempre sono vittima di insicurezza e mille problemi che turbano il mio animo, ma ho sempre potuto contare sul MEG e sulle fantastiche persone che ne fanno parte. “Il MEG è fuoco”: una frase che risuona nel mio cuore da quando sono tornato dal Convegno.

Fare la conoscenza di nuove persone e rivedere amici che non vedevo da tanto tempo, hanno confermato che posso considerare il MEG a tutti gli effetti “casa”. Quei quattro giorni mi hanno fatto riflettere sul concetto di servizio e su come io possa trasmettere le mie qualità nel servizio da Responsabile che faccio nella mia comunità. Ho anche pensato di essere “sbagliato” e che le mie azioni fossero solo un danno per le persone che mi stavano davanti, ma sicuramente ho imparato la lezione.

Bisogna saper riconoscere e convivere con i propri difetti per imparare a valorizzare quelle che sono le proprie qualità.

Matteo Franceschini, Torino 7

Matteo, a destra, durante l’abbraccio di pace

Non è sacrificio… è servizio!

Questo Convegno è stato per me un’esperienza nuova in cui ho avuto la possibilità di conoscere persone e realtà diverse e di capire di più cosa significa la parola “servizio”. In particolare, mi ha dato una visione più chiara di che cosa posso fare io. Ho capito che il servizio stesso non dipende tutto da noi, non è tutto sulle nostre spalle, ma c’è qualcun altro che agisce prima di noi e insieme a noi.

Quest’esperienza mi ha fatto riflettere sul mio modo di vivere, su quanto realmente metto gli altri al primo posto, se sono in grado di scardinare la mia vita e fare rinunce per gli altri e su quanto sono aperto all’ascolto. Mi è stata data l’opportunità di venire a contatto con esempi di vita piena dedicata a servire (don Mattia di Mediterranea, Vincenzo di Goel e Giulia) ed è nel racconto di queste esperienze che ho sentito forte la presenza del Signore.

Tra le cose che più mi porto da questo Convegno c’è sicuramente l’idea che una vita dedicata all’accoglienza migranti o al progetto Goel non è una vita di sacrificio, bensì è una vita bella, ricca e che ogni vita anche la più egoistica ha le sue sofferenze e che affrontarle da soli è molto più pesante.

Matteo Mostacci, Roma San Saba

A destra, in primo piano, Matteo

Come posso tirarmi indietro?

“Ma chi me lo fa fare?”: sono partita per questo Convegno perché colpita da questa domanda. Quante volte me lo sarò chiesta?! Tutte le volte in cui mi sono pentita delle decisioni prese; ogni volta che il mio senso del dovere ha avuto la meglio sui miei desideri; ogni volta che, nonostante l’impegno, non ho ottenuto i risultati sperati; ogni volta che la rabbia, lo sconforto e la paura mi hanno fatto sentire inadeguata; ogni volta che il mio unico pensiero fosse scappare e ritornare nella mia “bolla” così confortevole quanto però ferma, senza prospettiva di crescita.

Sono perciò partita per il Convegno per ritrovare (o meglio, per ri-cordare, cioè “riportare al cuore”) le motivazioni del mio servire. Ed è successo qualcosa di inaspettato… è successo lo σπλαγχνίζομαι (splanchizomai). “Splanchizomai” è l’unico termine (di origine greca) che riesce a spiegare il sentimento di profonda compassione che muove Gesù verso i bisognosi. Letteralmente, “gli si contorcono le viscere”.

Ed è quello che ho provato io quando ho ascoltato le testimonianze di Giulia, don Mattia e Vincenzo. Il Signore mi chiama a sé affinché io entri a fare parte del suo progetto di Amore. Se sono partita è perché c’è qualcosa che mi attrae ed è quel desiderio che ho dentro di amore, è quella fiamma che mi fa sentire chiamata a donarmi con tutta me stessa, a “dare corpo al Cielo”. Come posso allora tirarmi indietro?

Grazie al Convegno ho maturato uno sguardo diverso sull’umanità e sul concetto di Stato (lo Stato siamo noi); ho acquisito la consapevolezza che desidero essere anche io cambiamento, sempre rimanendo in ascolto della Parola, e la fiducia che non sono sola, perché c’è qualcuno che ci crede… insieme a me!

Isabella Mendola, Pescara 3

Isabella, a destra con la maglia a righe
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Durante la messa in parrocchia alcuni bambini del MEG raccontano un'attività svolta durante il catechismo