Al servizio della bellezza e del prossimo

Vi è mai capitato di chiedervi il motivo di tanta emozione davanti a certe opere d’arte? Minni Fantola, raccontandoci la sua esperienza nella comunità di Pietre Vive, tenta di rispondere a questa e a molte altre domande…
Raccontare la fede, attraverso l’arte
Vi è mai successo di entrare in una chiesa e chiedervi perché mai, in un mosaico di 1300 anni fa, sia rappresentato, per esempio, un pavone? Oppure, vi siete mai domandati cosa ci faccia un pellicano nel bassorilievo di una chiesa medievale? Oppure, ancora, perché davanti a certe opere d’arte vi emozionate profondamente?
Le comunità delle Pietre Vive, composte da gruppi di giovani di diverse città europee e non, cercano di dare risposte a queste e altre simili domande, raccontando, attraverso le bellezze dell’arte e dell’architettura delle nostre città, la propria esperienza di fede e la storia della Chiesa.

Preghiera, formazione e servizio

Le ragazze e i ragazzi che fanno parte delle comunità di Pietre Vive non sono guide turistiche, né professionisti del settore, ma sono persone amanti dell’arte che vogliono mettere a servizio la propria passione per far conoscere il Vangelo a chi ha il desiderio di ascoltarle.
Ogni comunità (e oggi ce ne sono più di venti in tutto il mondo!) è autonoma nell’organizzazione dei propri ritmi, ma fa sì che siano sempre presenti tre momenti fondamentali. Primo tra tutti, ovviamente, la preghiera, che è il fondamento del percorso di fede di ognuno di noi. Il secondo momento, è quello della formazione, per poter conoscere la storia dell’arte, la simbologia, la teologia che la sostiene e la storia della chiesa nella quale si fa servizio. Terzo momento è, quindi, il servizio che consiste nel gestire vere e proprie visite guidate ai monumenti e alle opere d’arte. In piena gratuità e sobrietà, abbiamo la possibilità di accompagnare i visitatori lungo un percorso non solamente artistico, ma anche spirituale.
Un ponte sulla mia strada
Sono arrivata nella comunità di Pietre Vive di Milano dopo qualche anno che mi ero trasferita, da Torino, in questa nuova città. Mi sentivo un po’ persa, assorbita dai ritmi sostenuti che spesso caratterizzano i primi anni di lavoro. In quegli anni di vuoto, sentivo la mancanza di una Comunità e di uno spazio di gratuità nella mia vita. Mi ci sono volute ben due visite, a distanza di qualche mese, prima a Sant’Ambrogio e poi a San Fedele, per prendere la decisione di unirmi alla Comunità di Pietre Vive. E così è seguito il primo incontro comunitario di preghiera, nella Cappella delle Ballerine a San Fedele, che aveva per brano-guida quello dei discepoli di Emmaus. Dopo una vita nel MEG, ho letto con gioia questo incontro come un segno di forte continuità nel mio cammino.

Gratuità e incontro

Il nostro servizio è, innanzitutto, gratuità. Questa gratuità, che a molti può sembrare ovvia e scontata, è invece uno dei messaggi più difficili da far passare e quello, forse, più rivoluzionario. Quando si inizia il servizio, ci si rende conto subito di questo: in tantissimi non accettano il nostro invito alla visita per “paura” di dover poi dare qualcosa in cambio; oppure, capita anche che, alla fine del giro, in tanti insistano per lasciarci un’offerta e che rimangano interdetti quando non la accettiamo. Questa scelta genera, infatti, uno squilibrio e un’inquietudine che potrà portare un giorno chi la riceve a voler riscoprire la stessa gratuità con cui è stato accolto, che per noi è specchio dell’Amore di Dio.
Il nostro servizio è anche incontro. Dal passante incuriosito nel vedere una chiesa aperta la sera, al turista straniero che si è prefissato una scaletta precisa di appuntamenti in città, a chi ci conosce per passaparola o dai social: la diversità delle persone che incontriamo è per noi una grandissima ricchezza che fa sì che ogni visita sia diversa dall’altra. Le visite più belle sono, infatti, quelle in cui vicendevolmente si accetta di mettersi in gioco. Insomma, viviamo momenti in cui riusciamo davvero ad instaurare un dialogo che ci permette di conoscere l’altro, condividendo un’esperienza di cultura, ma soprattutto di fede.