Per me casa è stare con il Signore

Claudia, del MEG di Bruxelles, si racconta
Tunisi, novembre 2019 – “Da dove vieni?”, è la domanda più difficile che mi si possa fare.
Nata e cresciuta a Bruxelles, figlia di genitori italiani, in questi anni universitari ho vissuto in sette case diverse, quattro Paesi e tre continenti.
Sono un’italiana atipica: non bevo caffè.
E non posso considerarmi una cittadina belga: non mi piace la birra.
No, sicuramente non c’è un unico luogo che mi definisce. Piuttosto, l’insieme di tutti questi luoghi che ho avuto la fortuna di chiamare “casa”.
Direi però che sono soprattutto le persone ad avermi definita ed avere definito la mia strada.

Esperienze a termine che diventano vita

Così, se dovessi disegnare un elettrocardiogramma di questi ventiquattro anni di vita, i picchi corrisponderebbero sempre all’incontro con persone speciali…
A partire, all’età di 16 anni, da quello con i miei catechisti, Ciro e Maria Cristina, ai quali devo la prima scoperta della mia interiorità. Attraverso di loro mi sono avvicinata ai Gesuiti, al MEG e a tutto quello che riguarda il lavorare con e per i ragazzi.
A 19 anni c’è stato Jacopo che mi ha fatto scoprire il mio desiderio di missione e mi ha invitata a partire per un campo di volontariato in Perù l’estate successiva
Qualche mese dopo, ho conosciuto varie persone durante il Cammino di Santiago, tra cui il mio ragazzo Matteo. Qui, la grande scoperta di non essere sola, ma di avere sempre un compagno pellegrino vicino.
E poi, finalmente, è arrivata l’esperienza a Trujillo, al CAEF, casa-famiglia che ospita bambini vittime di violenza, di cui Jacopo mi aveva tanto parlato. È lì che ho cominciato a pensare che esperienze così forti non potevano essere limitate nel tempo.
Ma che strumenti avevo per far diventare quotidianità questi momenti? Ho pensato alle mie competenze linguistiche, alla mia passione verso il sociale e agli studi economici.

Vivere il vangelo nel XXI secolo

Ho deciso, quindi, di cominciare ad approfondire gli aspetti socio-economici dei Paesi emergenti, in particolare dell’Africa Subsahariana, e di acquisire competenze tecniche in scrittura di progetti per il sociale. Così facendo, ho scoperto che si può fare della cooperazione internazionale un lavoro, una quotidianità e ho capito che quella sarebbe stata la mia strada.
Ho seminato molto negli anni universitari senza rendermene bene conto. Facevo esperienze forti perché la vita universitaria non mi dava abbastanza e le facevo con i Gesuiti per il loro modo concreto di vivere il Vangelo nel ventunesimo secolo.
Seminavo e, allo stesso tempo, cercavo desiderio di vita. Perché, se è sicuro che non mi determina un luogo, è altrettanto certo che mi definiscono la mia energia e il mio sorriso.
In questi viaggi ho portato sempre – e continuo a portare – con me la gioia nei volti dei ragazzi ai quali ho fatto da Responsabile: la forza nel trasmettere un messaggio così forte come l’amore continua ad emozionarmi. E ancora, mi hanno accompagnato la bellezza dell’incontro con l’altro e della scoperta di me stessa attraverso la condivisione. E ho portato e porto con me anche le crisi più profonde, dovute soprattutto alla distanza.
E porto la consapevolezza che casa per me è stare con il Signore, ovunque lui voglia, che sia fatta la Sua volontà.
