Il MEG, per me come un sorriso

P. Loris Piorar ci racconta la sua storia nel MEG
Come inizia la mia storia nel MEG? In maniera molto semplice… Da gesuita, sentendone parlare fin dai tempi della mia formazione e soprattutto nel primo contatto, all’arrivo a San Saba per i miei studi di licenza.
Sono arrivato lo stesso giorno in cui è finito il convegno dei sessant’anni del Movimento. Non sapevo cosa mi sarebbe successo in seguito!
All’inizio di quello stesso anno sociale, padre Giangiacomo Rotelli, allora Responsabile Nazionale del MEG, mi chiese di seguire le comunità di Pescara e di dare un contributo al Centro Nazionale insieme a Padre Francesco Pecori.
Ho cominciato con curiosità, senza aspettarmi molto, pensando soprattutto che mi sarei dedicato ad un piccolo gruppetto di ragazzi, tenuto conto che avrei continuato a vivere a Roma.


Il mio primo arrivo a Pescara è stato già uno stupirmi! Molte comunità, moltissimi ragazzi! Non è stato facile, ma ci ho messo tutto il mio di entusiasmo, che era nulla rispetto a quello dei ragazzi. Tale era stata la gioia che quegli incontri mi avevano portato, che decisi di celebrare la mia prima messa da sacerdote proprio durante una Giornata Regionale a Pescara.
Così arrivarono i primi Convegni Nazionali, con l’emozione di accogliere storie di vita nelle confessioni durante le veglie e di vedere ragazzi impegnati a condividere, pregare, gioire insieme. Stupore e bellezza!
Da lì in poi ho continuato il mio servizio, fino a che, nel 2008, mi è stato chiesto di diventare Responsabile Nazionale… Emozioni, attese, paure: tutto questo mi accompagnava, ma nel fondo sentivo la grande gioia di poter servire ancora meglio e ancora di più quei ragazzi.
Tanti i momenti vissuti insieme a loro: dai vari Convegni Nazionali, al Convegno Mondiale; dagli incontri nelle singole comunità, alla relazione personale con i ragazzi.
Ho ricevuto tantissimo. Ho potuto conoscere comunità, storie, città; ricevere tanto amore e tanta accoglienza. Ho provato a dare quello che ho potuto.
Nel MEG ho iniziato da fratello, ho concluso da padre.
È stata una grande festa. Ho imparato, forse, un po’ di più ad accogliere, ad ascoltare, ad assumermi responsabilità in prima persona davanti a tutti.
Dal MEG ho provato ad imparare a voler bene a tutti: una scuola lenta ed incisiva.
Il MEG mi ha insegnato a vivere in pienezza la messa come “luogo” in cui il Signore m’incontra: mi ascolta, mi dona una Parola, si spezza per me, mi invita a dirlo agli altri. Luogo in cui il Signore, giocandosi tutto, mi spinge a fare altrettanto.
Ho imparato a portare nel cuore le storie, le persone, le comunità. Con gioia, come faccio anche oggi per i ragazzi che il Signore mi ha affidato. Mi fermavo la mattina presto davanti a Lui e gli affidavo tutti voi, consapevole che allo stesso modo, in ogni comunità, il MEG si ricordava di me.


Oggi il MEG lo rappresenterei con un sorriso. Il sorriso è qualcosa di molto delicato: non nasconde le ferite, le preoccupazioni, ma quando si rivolge a qualcuno desidera ostinatamente cercare e trovare Vita, dentro tutto ciò che gli sta succedendo.
Questo è il sorriso che ho ricevuto da tante persone, adulti, giovani e bambini; sorriso che custodisco indelebilmente nel mio cuore e che provo a condividere con coloro che incontro oggi.
