Se ti va puoi restare

Carmen racconta la Comunità di Frattamaggiore
Dietro la comunità
In via Santa Caterina Volpicelli a Frattamaggiore, c’è un posto dove il cuore batte forte.
Lo chiamiamo ‘dietro la comunità’ ma l’amore, i sogni e le amicizie passano tutte ‘davanti’.
1975, il MEG scopre Fratta, mette tenda e tende le braccia.
Le prime a tenderle sono le suore, le Ancelle del Sacro Cuore di Gesù.


Le suore ci raccontano tante storie, la prima fra tutte è la storia di Santa Caterina Volpicelli, loro fondatrice. I suoi rapporti con l’Apostolato della Preghiera hanno unito MEG ed Ancelle in un’unica storia. Portatrici sane del verbo ‘accogliere’, lo declinano in tutte le forme, donandoci ampi spazi e la libertà di usarli. Tra questi una cappellina dove pregare e un giardino da poter trasformare. Sono come una sorta di post-it vivente: promemoria per non dimenticare che tutto ha senso nel Signore, che la formazione non è mai abbastanza e che solo l’amore ci fa alti.
La prima cosa che ho imparato da loro è aprire le mani. La seconda è la certezza di avere un’origine, una mia radice che trova la sua identità nelle parole “io vengo da quel posto lì”.
Un grande telaio
La mia comunità è un grande telaio.
Ho conosciuto il MEG di Fratta pensando che 4 gruppi, una manciata di responsabili e tanti ragazzi fossero sufficienti a definirla tale. Poi scopro che è fatta di contorni, di persone che restano nonostante la vita chiami ad altro. Pasquale Manzo è l’esempio di chi resta, di chi si sporca le mani e ti insegna come sporcartele. Se verrai a trovarci lo riconoscerai subito, è quello che corre più veloce di tutti. A placarlo ci pensa Maria Capasso, quarant’anni di cammino, ci fa da apripista attraverso l’itinerario del dono di sé. Peppe fa la mensa dei poveri, ci dice che fare comunità parte dalla pancia, dallo stare insieme a tavola.
Saverio abbraccia forte, Geppi ti parla piano, ognuno deposita amore a suo modo.
La mia comunità è un grande telaio, i fili di ieri si intrecciano ai fili di oggi, come Emma e sua madre. La mia storia si interseca con la tua, ed ecco che da filo divento tela.


Questione di umanità
Sono arrivata nella mia comunità all’età in cui si crede di possedere in sé tutta la verità. Poi ho scoperto che è solo nella relazione con l’altro che trovo altre verità e che la mia da sola non basta. Vivere di comunità ribalta ogni certezza, il desiderio di integrità, di sentirti un ‘tutto d’un pezzo’ fa spazio all’idea dello spezzarsi, del ‘farsi a pezzi’ per l’altro.
Da noi, la nostra umanità è il nostro punto debole. Ma, se seguiamo la logica del ribaltare, diventa poi il nostro punto di forza; accettare che l’altro è diverso è un cammino che richiede coraggio, ma se vedo in ciascuno un’unicità che è irripetibile, allora diventa prezioso ai miei occhi.
Quando vorrai venire a trovarci, chiunque tu sia, fallo di sabato. Solitamente in quel giorno cantiamo forte, la stanchezza viene benedetta, piovono caffè, i bambini muovono il bacino e spesso perdiamo le chiavi, ma poi le ritroviamo. Vieni a vedere e ti dirò ciò che mi è stato detto quando sono arrivata io: ‘Se ti va puoi restare’.